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PIEMONTE

I GIARDINI BOTANICI DI VILLA TARANTO
Passeggiando tra l’estetica e la botanica

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La fontana dei putti

Fotografie Cristina Archinto
Testo Carla De Agostini
 

Nel 1930 il capitano di origine scozzese Neil Boyd Watson McEacharn, spesso in Italia, legge un annuncio sul Times e scopre che la proprietà della Contessa di Sant’Elia a Verbania è in vendita. Intrigato va subito a vederla, da più di due anni è alla ricerca di terreni per la realizzazione di un suo grande giardino. Piacevolmente colpito la compra, e l’anno seguente si stabilisce nella villa sul lago Maggiore. Per prima cosa le cambia il nome: da La Crocetta a Villa Taranto, in onore di un suo antenato nominato duca di Taranto da Napoleone Bonaparte e poi inizia un duro lavoro di ristrutturazione del giardino al fine di creare dei microclimi diversificati ma al tempo stesso paesaggisticamente armoniosi e originali.

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I giardini terrazzati

I lavori iniziano sotto la guida del giardiniere Henry Cocker e il risultato si contraddistinguerà per le sfumature cromatiche, gli specchi d’acqua, le terrazze, le statue, che intrecciano parti prevalentemente all’inglese con ispirazioni all’italiana. In poche settimane il parco viene liberato di circa duemila alberi infestanti, come bambù e robinie; viene lasciato solo un castagno piantato nel XVIII secolo a testimonianza della nascita del parco, poche conifere, qualche magnolia e due antiche qualità di camelia. Dopo inizia il lavoro di sbancamento del terreno per creare le le terrazze coi giochi d’acqua. Vengono acquistati altri lotti di terreno vicini, fino ad arrivare a 16 ettari, e fatti costruire muri a secco e ponticelli con pietra locale. Il precedente giardino all’italiana della Contessa è sostituito da un ampio prato il cui verde brillante è dato tutt’ora dall’utilizzo di una graminacea perenne, l’Agrostis stolonifera, scelta per la sua capacità di impedire alle erbe infestanti di crescere. Ai margini del prato si sceglie di piantare aiuole con fiori sgargianti che alternano stagionalmente diverse fioriture e alberi come il ciliegio giapponese, le grandi magnolie o le azalee.

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La zona delle succulenti

I giardini terrazzati

Oggi Villa Taranto è una vera e propria galleria d’arte botanica, con migliaia di specie di piante e fiori provenienti da ogni luogo: le 8.500 specie censite dallo stesso McEacharn nel 1963 oggi sono quasi 20.000. Eucalipti, azalee, rododendri, magnolie, camelie, dalie, tulipani, fiori di loto, eriche, ortensie, numerose piante tropicali ed esemplari anche rari sono distribuiti in zone tematiche quali il Viale delle Conifere, la Valletta con ginestre arboree e aceri, il Giardino all’Italiana, il Giardino delle Eriche, il Labirinto delle Dalie, le serre delle piante tropicali dove si coltivano la Victoria Cruziana e Amazonica, arrivate alla Villa nel 1956 dall’orto botanico di Stoccolma. Le piante del Capitano provengono da ogni parte del mondo, in modo particolare dai ricchi vivai inglesi, dai giardini reali di Kew, di Edimburgo e della Royal Horticultural Society. Ma anche da Francia, Germania, Spagna, Europa Orientale, Giappone, Sud Africa, Stati Uniti e Australia. A cui si aggiungono floricoltori italiani, come la Contessa Senni di Roma, fondatrice della società italiana “Amici dei fiori”, che gli regala numerose varietà di iris e il principe Borromeo che nel 1949 dona alla Villa due rare piante di Metasequoia glyptostroboides.

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La felce arborea Dicksonia antarctica

Passeggiando per Villa Taranto non si può fare a meno dal rimanere incantatati da piante mai viste prima, come la bellissima Pterostyrax hispidus, conosciuta comunemente come l’albero delle epaulettes, poiché i fiori ricordano le spalline che ornavano i vestiti dei militari, i cui bellissimi fiori a grappolo, ondeggiando nella brezza, attirano moltissimi uccelli ed emanano un delicato profumo. O come l’Emmenopterys henryi dai fiori bianchi, originario delle aree temperate della Cina centrale e meridionale e del Vietnam, della famiglia delle Rubiaceae, un raro albero che può arrivare anche a mille anni. Inoltre nella zona delle felci si possono ammirare le Dicksonia antarctica, felci arboree originarie dell'Australia orientale, Tasmania e Nuova Zelanda che ricordano delle ballerine. Passeggiare per il giardino di Villa Taranto è qualcosa che veramente lascia il segno e ti porta attraverso forme, fragranze in giro per il mondo in un contesto sempre inaspettato.

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Pterostyrax hispidus

LA FIORITURA DEI RODODENTRI

I fiori di rododendro sono famosi per la loro colorazione vivace, apprezzati fin dall’antica Grecia, dove erano conosciuti come “albero delle rose", da rodon, rosa e dendron, albero, possono essere piatti, a campana o ad imbuto e in alcune varietà, possono essere leggermente profumati. Molto affascinante è la loro fioritura: da ogni gemma vengono prodotti più fiori, in genere sei o sette, ognuno dei quali è composto da cinque petali e da l’antera, che contiene il polline. Questo raggruppamento è tecnicamente un corimbo, ossia un mazzo di boccioli regolare alla fine del ramo. Il termine deriva dal latino corymbus, “infiorescenza a grappolo”, preso in prestito dal greco kórymbos, “parte più alta, cima”. Questo fenomeno permette ai fiori sbocciati di essere tutti alla stessa altezza come ad esempio il sambuco. Il rododendro fa parte della famiglia delle Ericaceae, come le azalee, ed è una pianta originaria dall’Oriente che ama il fresco e l’umido. Le notizie più antiche sull'esistenza del rododendro ci portano indietro al 400 a.C., tra i soldati di Senofonte che, di ritorno dalla Babilonia, accampati tra le colline dell'Armenia, finirono quasi avvelenati dal miele fatto con il nettare della specie selvatica asiatica. La prima specie spontanea poi coltiva è la Rhododendron hirsutum, anche conosciuta come “rosa alpina” di cui si hanno notizie già dal 1500.

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GALLERY

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Foto ©CRISTINA ARCHINTO

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