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  • Villa borghese | terrimago

    RACCONTI AMBIENTATI Una passeggiata riconciliate a Villa Borghese Fotografie e testo di Cristina Archinto Uscì e la porta sbatté dietro di le i, p iù per colpa della corrente d’aria salita dalle scale, che per una sua precisa volontà ma di certo quell’azione rispecchiava il suo stato d’animo. Di colpo si trovò fuori casa senza un preciso programma o uno scopo; era furiosa. Si guardò intorno, turbata e indecisa su cosa fare, non era certo dell’umore giusto per un museo e non aveva la capacità di concentrarsi per imparare qualcosa. ​ Attraversò la strada quasi senza rendersene conto, evitando di farsi travolgere da motorini, monopattini e biciclette, che in quella città erano insopportabili. Era già entrata da quel cancello pochi giorni prima per fermarsi quasi subito al Museo di Villa Borghese ed illuminarsi davanti ad opere come il Ratto di Proserpina del Bernini o ai tagli di luci di Caravaggio. Questa volta però tirò dritto e si addentrò nel parco. Costeggiò un muro di cinta dove si potevano scorgere, tra un passo e l’altro, basse siepi di bosso e fiori autunnali. Giunta al termine fu attratta sulla sinistra da forti toni autunnali di alberi maestosi. Avvicinandosi si rese subito conto che era arrivata nella Valle del Platani, una meravigliosa valle di alberi secolari. ​ Un tempo rurale, fu addomesticata a giardino, nel 1603, dal cardinale Scipione Borghese, nipote prediletto di Papa Paolo V. Allora era un bosco di più di quaranta platani orientali con tanto di bacino centrale con due isolotti destinati alla sosta di anatre e uccelli pregiati, tra cui, i cigni che il Cardinale aveva fatto appositamente arrivare da Bruxelles. Ora erano rimasti solo nove bellissimi esemplari, sopravvissuti per più di quattrocento anni, che sembravano guardarti con aria severa e saggia attraverso i loro rami e i tronchi contorti. ​ Proseguì lungo la valle con lo sguardo all’insù, estasiata da tanta meraviglia, senza però distogliere troppo lo sguardo dai cani che in questa parte del giardino correvano a perdifiato. Si avvicinò a un esemplare particolarmente ricurvo che avevava una grande fessura nel tronco, e guardando i suoi rami nodosi, le tornò in mente quel “Sensei” che pochi anni prima aveva fatto una lezione speciale di Aikido al suo dojo. Due ore immerse nel silenzio con il solo fruscio della hakama, le sue parole leggere, respirando saggezza. ​ Certo ora un po’ le dispiaceva che proprio quel giorno Jan non ci fosse, avrebbero ricordato insieme. La rabbia stava già scemando come sempre, ma questa volta era più determinata a tenere duro, si quel giorno non avrebbe ceduto tanto facilmente. Proseguì lungo la valle, dove incrociò anche degli esemplari di noci neri e degli ippocastani con una certa portanza, per poi stupirsi nuovamente davanti a un esemplare maestoso di bagolaro con le sue foglioline fluttuanti che via via stavano lasciando i rami e la sua chioma ampia e quasi perfettamente tondeggiante. Anche lui le ricordava qualcuno. Il professore di arte al suo liceo, tondo e sempre sorridente, che l’aveva presa sotto la sua ala protettrice e le aveva non solo insegnato a disegnare ma anche alcune filosofie di vita che ancora oggi ricordava e faceva uso nei momenti difficili. Bella persona, chissà che fine aveva fatto. ​ Si inerpicò sulla collinetta per giungere al laghetto di Villa Borghese. Un piccolo bacino d’acqua abbracciato da una grande varietà di alberi notevoli. Era il 1766 quando il principe Marcantonio IV Borghese, discendente di Scipione, decise di ampliare il parco di famiglia realizzando il Giardino del Lago con tanto di tempio dedicato al dio della medicina Esculapio. Come tutti i Borghesi, anche lui si dedicò, grazie all'ingente patrimonio di famiglia, e in questo caso, soprattutto a quello di sua moglie, la principessa Anna Maria Salviati, ai piaceri della vita dell'aristocrazia romana, patrocinò nuovi artisti ed opere riuscendo così ad arricchire la collezione di famiglia precedentemente sperperata dal padre. Fu lui che fece affiggere un manifesto nel parco che recitava “Chiunque tu sia, o straniero, purché uomo libero, passeggia dove vuoi, cogli ciò che desideri, ritirati quando ti aggrada. Tutto qui è disposto per il godimento degli stranieri prima ancora che per il proprietario”. In effetti il parco, anche se privato, era sempre stato teatro di festeggiamenti e di balli e spesso aperto ai cittadini di ogni ceto sociale. Lui iniziò i lavori di abbellimento del parco della villa e suo figlio Camillo, noto forse più per il matrimonio con Paolina Bonaparte, finì l’opera. Certo chissà come sarà stato a quei tempi il laghetto; dame spettegolanti a passeggio sotto chiari parasole, poeti che decantavano la loro prosa, amanti in preda a pene d’amore che sgorgano calde lacrime nel lago o artisti all’ombra di querce che ritraevano il bel panorama della ‘Villa delle Delizie’. Lei intanto si godeva quel bel paesaggio autunnale fatto di alti pini, alcuni cipressi calvi già dai toni caldi e quel maestoso cedro del libano. Tutti che si facevano belli riflettendosi sul lago insieme al tempietto che aveva quel non so che. Su un lato c’era anche una Quecia ilex secolare che spiccava per l’altezza e la sua ampia chioma. Non le erano mai piaciuti i lecci, li trovava tristi e cupi, come Christoffer il suo compagno di banco, malinconico e tetro da sempre, che per anni l’aveva innervosita con il suo alone grigio, però questo era un esemplare spettacolare che forse la faceva ricredere. ​ Notò anche un’anziana signora che dava del pane alle anatre. Non si capacitava mai del fascino indiscusso che si prova a dar da mangiare agli animali, del resto non si capacitava neanche di come anche questa mattina Jan non fosse stato in grado di ricordare al suo capo che era in ferie. Ci avevano messo mesi ad organizzare questo periodo romano, lei avrebbe preso un periodo sabbatico, lui le ferie arretrate e sarebbero andati per l’autunno a Roma a scoprire la Città Eterna, sogno nel cassetto di entrambi, ma tant’è che alla fine, lui, anche oggi l’aveva lasciata sola, passi gli altri giorni, ma non oggi! Girovagò ancora per la zona del lago fino ad arrivare a piazza di Siena, un grandissimo prato ovale circondato da cipressi dritti come fusi. Un tempo l'area era occupata da una grande ragnaia seicentesca, un boschetto di alti alberi dove venivano stese delle reti per catturare i piccoli uccelli. Belli i cipressi, pensò, loro sì che sono lineari! Sorrise tra sé e sé per la stupida battuta. La rabbia stava decisamente scemando, sicuramente il merito andava anche a questo luogo un po’ magico, intrinseco di storia fatta di pietre e di alberi. Continuò col suo gioco. Björn no, Erik neanche, Astrid? Si certo, lei è proprio un cipresso! Ovviamente alta ma con quel piglio strano, silenziosa, perché di certo i cipressi sono alberi silenziosi, ma felici anche se non lo danno a vedere. Quando torno glielo racconto, chissà come procede il suo nuovo progetto. Magari dopo le scrivo. ​ Dopo essersi riposata un pochino sugli scalini a lato della piazza, si diresse verso sud e si ritrovò in una pineta strepitosa. Alberi altissimi, anche 20 metri, con chiome a cespuglio o a forma di ombrello. Il sole alto si intrufolava tra gli aghi di pini rendendoli quasi trasparenti e setosi, e le ombre dei tronchi dritti creavano dei dipinti astratti sul prato verde. Che visione! Ecco i pini domestici erano sicuramente degli alberi che apprezzava moltissimo, come del resto gli antichi romani, che li diffusero in tutto l’impero! Ancora oggi il pino viene considerato un simbolo d’Italia, non per altro gli inglesi lo chiamano Italian stone pine e i francesi Pin d’Italie , e ha anche vinto il prestigioso premio della Royal Horicultural Society. Si aggirò tra gli alberi rapita da tanta bellezza. Chi gli ricordavano i pini? Belli, alti, maestosi ma non arroganti, dal bel portamento, anche simpatici e generosi coi loro pinoli, e sicuramente onesti, determinati e robusti. Chissà. Pensò per qualche minuto. Diversi nomi le fluttuarono nella mente fino a Jan. Caspita, certo è proprio lui! Commossa e senza neanche accorgersene, col un bel sorriso stampato sul viso, si diresse verso casa, avendo già perdonato l’amore della sua vita; il suo adorato Pinus pinea. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri RACCONTI AMBIENTATI E PARCHI DA VISITARE Priorato d'Orsan Parco Villa la Grange Parco di Sicurtà Jardin des Plantes Nantes Parco del Flauto Magico Parco di Bercy Parco del valentino

  • Libro orti botanici | terrimago

    SHOP LIBRI ORTI BOTANICI D'EUROPA Un viaggio tra storia, scienza e natura di Cristina Archinto Nati dalla moderna esigenza di sistematizzare la conoscenza della natura, i primi orti botanici sorgono per volere delle università: Padova nel 1545, poi Firenze, Pisa, Bologna nel 1568. Vi si studiano le specie d'uso comune, medico, alimentare, quindi le esotiche che lungo le rotte dal Nuovo Mondo, iniziano ad arrivare dai quattro angoli del pianeta. A partire dal '600 non c'è Casa Reale che rinunci al prestigio di formare la propria raccolta. E mentre su Londra, Parigi o Madrid convergono botanici ed esploratori, ad Amsterdam si celebra il Secolo d’oro degli scambi di bulbi e spezie con l’Oriente più remoto. Metà orto dei semplici, metà giardino delle meraviglie, si arricchiscono di serre, specchi d'acqua e terrazze pensili. Divengono luoghi sempre meglio deputati a osservare, acclimatare, disseminare, dove piante storiche ormai monumentali celebrano insieme il viaggio e la scoperta, l'erudizione colta e la speculazione scientifica. Se oggi Kew Gardens concentra la più vasta collezione, con il 95% dei generi conosciuti, ogni sede ha i suoi master pieces per la conservazione del nostro patrimonio botanico: semi o esemplari che permettono di sperimentare alle più varie latitudini, le specifiche condizioni di temperatura e di luce, di esaminare i periodi caratteristici di fioritura e riposo, di tutelare specie rare o in via di estinzione, alimentando un crescente, fondamentale, interesse per la biodiversità. Introduzione Chiunque entri in un Orto Botanico rimane colpito dall’infinita varietà di colori e profumi, attitudini e forme del mondo vegetale. Questo libro racconta la storia di una passione che ha spinto gli uomini verso spazi ignoti a esplorare le frontiere del sapere. Narra di come la scienza si sia evoluta cogliendo le leggi della natura, la tecnica applicata per condividerne le scoperte. Cristina Archinto con il suo lavoro di fotografa ci conduce in un viaggio negli Orti d’Europa alla ricerca del legame profondo che unisce le persone alla terra e fa dell’ambiente, un patrimonio di cui tutti dovremmo prenderci cura. Come sono nati gli Orti? Chi ne sono stati i veri protagonisti? E quali vicende ne hanno segnato lo sviluppo? Semplicisti rinascimentali che raccolgono erbe medicinali, avventurieri a caccia di piante nel Nuovo Mondo, naturaliste illuminate che erborizzano tra le campagne di casa: la botanica ha visto alternarsi scuole e scontrarsi rivalità ma è custodendone gli studi che gli Orti hanno allargato orizzonti e generato la pratica collaborativa, libera, ricca di apporti di vaste comunità con cui indagare gli ecosistemi. Si devono agli Orti i metodi per riprodurre e conservare gli strumenti per classificare, confrontare e divulgare conoscenze. Gli Orti hanno creato strutture per ospitare le specie esotiche, inventato biotopi per proteggere endemiche e minacciate. Nell’intreccio di verde, artifici e flora spontanea, ogni Orto ha realizzato un microcosmo unico che ha ispirato parchi e vivai, curiosità e ulteriori sperimentazioni; la cultura degli Orti ha così permeato anche la vita quotidiana e oggi affronta la sfida climatica, diffondendo un nuovo rispetto per la natura che ci circonda. Alessandra Valentinelli ​ Indice Introduzione Orto Botanico di Padova - Alle origini degli Orti Orto Botanico di Amsterdam - Il Secolo d’Oro delle specie esotiche Jardin des Plantes - La Rivoluzione botanica Giardino Botanico di Madrid - Alla scoperta del Nuovo Mondo Orto Botanico di Roma - La bellezza della flora spontanea Kew Gardens - Il capolavoro delle Serre inglesi Giardino Botanico e Museo Botanico di Berlino - L'eredità di Linneo Giardini Botanici Hanbury - I Giardini del Grand Tour Giardino Botanico di Bruxelles-Meise - Orti e vivai Orto Botanico di Dublino - Il Cammino Verde, la natura tra passato e futuro ​ Titolo: ORTI BOTANICI D'EUROPA Un viaggio tra storia, scienza e natura Autore: Cristina Archinto Testo: Alessandra Valentinelli Fotografie: Cristina Archinto Traduzione: Stefania Bellingardi Beale Testo: italiano e inglese Libro illustrato con 110 fotografie Formato 24 x 23 cm Numero di pagine 144, Copertina morbida con alette Confezione in brossura Costo 26.00€ Isbn: 979-12-200-6912-0 ​ ​ Vendita on line: Libreria Oolp Terrimago edition ​ RECENSIONI ​ Giardini in viaggio Viride blog ​

  • Mostre

    Mostre da cui imparare In questa sezione, mostre troverete una scelta di mostre in corso dove apprendere per ampliare le proprie visioni. Non solo mostre di fotografia ma anche di pittura perché sono una fonte inesauribile di conoscenza, per le inquadrature, i colori e i soggetti. Solo con la conoscenza si trova il proprio linguaggio. Orizzonti di Luce. Segantini e il paesaggio divisionista: Natura, Memoria e Simbolo Segantini Galleria Civica G. Segantini 22 ottobre 2023 I nodi dei giardini del paradiso AA.VV Fondazione Tassara 5 novembre 2023 Bressanone Water Light Festival AA.VV Bressanone 31 maggio 2023 Gieshe, Samurai e la Civiltà del piacere Utamaro, Hokusai, Hiroshige. Società Promotrice delle Belle Arte 25 giugno 2023 Vintage Elliott Erwitt Museo Villa Bassi Rathgeb 11 giugno 2023 Fotografare da Venezia in poi Mostra Inge Morath Palazzo Grimaldi 4 giugno 2023 L’operazione fotografica Ugo Mulas Le stanze della fotografia Venezia 6 agosto 2023 Una nuova scoperta Ruth Orkin Musei Reali Torino 16 luglio 2023 Le lotte delle donne Tano D'Amico Carmi 25 giugno 2023 Ceramiche tra Liberty e Déco Galileo Chini Museo Internazionale della ceramica 14 maggio 2023 L’alba di un nuovo classicismo Pierre-Auguste Renoir Palazzo Roverella 25 giugno 2023 Retrospectrum Bob Dylan MAXXI Museo delle Arti del XXI secolo 30 aprile 2023

  • Orto Botanico di Madrid | terrimago

    SPAGNA ORTO BOTANICO DI MADRID Alla Scoperta di un Nuovo Mondo Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini e Alessandra Valentinelli N el centro di Madrid esiste un luogo appartato dove è ancora possibile godersi la natura e la calma, all’ombra di grandi alberi e lontano dal caos urbano: il Real Jardín Botánico de Madrid in Plaza de Murillo, a due passi dal Museo del Prado. Ricco di angoli suggestivi che coprono più di due secoli di storia, l’Orto botanico è un'enciclopedia vivente aperta a chiunque voglia scoprire i suoi tesori vegetali, con una collezione di oltre 6.000 specie, la maggior parte sono di origine mediterranea (Europa meridionale e Nord Africa) e di altre aree con un clima simile, come la California, l’Argentina, il Cile, il Sud Africa e l’Australia meridionale. Il giardino è da sempre un punto di riferimento per la ricerca e la conoscenza della botanica, e sotto l’egida del Consejo Superior de Investigaciones Científicas, il Consiglio Superiore delle Ricerche Scientifiche spagnolo, nel 1947 è stato dichiarato Monumento Nazionale. L’Orto è stato inaugurato nel 1755 e inizialmente posto sulle rive del fiume Manzanares per ordine di Fernando VI, appassionato di botanica. Poi nel 1781 Carlos III lo ha spostato nel Paseo del Prado dove, su progetto dell’architetto Francisco Sabatin e Juan de Villanueva cui si devono anche il Museo del Prado e l'Osservatorio Astronomico, il Real Jardín è stato sistemato in diverse terrazze ispirandosi ai quarti padovani : sulla pianta ortogonale dell’Orto Sabatin e Villanueva hanno posto agli angoli fontane circolari, quindi costruito un padiglione per la serra, ora Villanueva Pavilion, l’Erbario, la Biblioteca e l’Aula di Botanica, oltre alla Porta Reale, una volta l’entrata principale, di stile classico con colonne doriche e frontone. Fin dalla sua nascita, il Real Jardín Botánico è stato un luogo privilegiato di ricerca e di insegnamento, presenta infatti un patrimonio culturale immenso, frutto di spedizioni scientifiche effettuate nel corso dei secoli XVIII e XIX, conservato nell’Erbario, nella Biblioteca e nell’Archivio. Carlo III di Borbone nel 1755 impone che il Real Jardín Botánico sia il luogo dove far convergere tutti i materiali delle spedizioni scientifiche da lui promosse, in dieci anni se ne contano ben quattro: per il Cile e il Viceregno del Perù nel 1777, in Colombia e Nuova Granada nel 1783, per la Nuova Spagna di Messico e Guatemala nel 1787, le coste e isole del Pacifico nel 1789. Il Giardino diventa meta finale di una rete di esperti, tecnici e ricercatori che portano a Madrid disegni, erbari, semi, e talora piante. Tra le ultime spedizione emerge quella di Alessandro Malaspina, capitano della Marina spagnola, che nel 1789 salpa da Cadice per Montevideo, toccando Cile, Perù e Panama, si spinge fino a Vancouver, Manila e Macao. Rientrato nel 1794 in Spagna, senza la difesa dell’ormai defunto Carlo III, finisce imprigionato per le sue idee di fratellanza tra nazioni, e quindi esiliato. La filosofia di Malaspina travalica infatti i conflitti politici e militari, promuove uno scambio di strumenti di misura e navigazione, libri, osservazioni e conoscenze naturalistiche, per questo è solito partire con un equipaggio misto, tra cui tedeschi, francesi e italiani, accompagnati dalla miglior strumentazione inglese e boema. Convinto che non ci siano “terre da scoprire ma un mondo da conoscere”, i cartografi che con lui mappano coste e isole le condividono poi con gli uffici idrografici di Parigi e Londra. I suoi naturalisti, valicando le Ande, inventariano fossili e specie con analisi dirette che poi perfezioneranno il sistema linneano. Ad oggi le piante esposte sono organizzate su quattro terrazze che sfruttano le irregolarità del terreno. Agli angoli dei quarti ci sono alberi alti e svettanti che servono a rinfrescare e a ripartire i gruppi vegetali. La prima terrazza è la più bassa e la più spaziosa di tutte, la Terraza de los Cuadros dove spicca la raccolta di roseti ornamentali, di piante medicinali antiche e aromatiche, che impregnano l’aria di profumi inattesi assieme agli alberi da frutto. Qui le prime piante a fiorire a gennaio sono l’elleboro, seguito da narcisi e crochi. Nei mesi di aprile e maggio si possono invece ammirare gigli, peonie e rose, e nei mesi estivi più caldi compaiono le bellissime dalie che colorano tutto il Giardino. La Terraza de los Cuadros è una passerella di fioriture, tra le più piacevoli per i profumi e la vista, dove si è sempre accompagnati da cinguettii di specie variopinte che a seconda delle stagioni trovano ristoro tra le loro chiome preferite. La seconda terrazza, più piccola della precedente, accoglie le collezioni tassonomiche delle piante, e per questo si chiama Terraza de las Escuelas . La vegetazione è disposta filogeneticamente per famiglie, in modo da poter ripercorrere l’ordine delle piante dalla più primitiva alla più recente. C’è poi il Plano de la Flor, in stile romantico, che ospita una grande varietà di alberi e arbusti piantati in ordine sparso. Il terrazzo è delimitato da un pergolato in ferro battuto, realizzato nel 1786, con diverse varietà di viti, alcune di notevole età. Sul lato orientale si trova il Padiglione Villanueva , costruito nel 1781 come serra, e attualmente utilizzato come galleria per mostre temporanee. Centro importante per avvicinare il pubblico alla scienza e alla biodiversità attraverso linguaggi creativi e alternativi di artisti sempre diversi. Molte mostre cercano ispirazione negli stessi Archivi ed Erbari dell’Orto, con l’obbiettivo di creare una cultura vegetale attraverso la diffusione di un patrimonio scientifico didattico ampio come quello del luogo. Infine, c’è la Terraza de los Bonsáis che ospita una collezione di bonsai donata nel 1996 dall’ex primo ministro Felipe González, composta da specie asiatiche ed europee, principalmente della flora spagnola, e col tempo ampliata. Sul lato nord si trova la serra Graells, conosciuta anche come Estufa de las Palmas , una serra in ferro battuto e vetro, costruita nel 1856 sotto la direzione di Mariano de la Paz Graells, l’allora direttore. In questa sala sono esposte principalmente palme, felci arboree ed esemplari di banane del genere Musa e per le piante desertiche e carnivori c'è la serra Santiago Catroviejo Bolibar. IN EVIDENZA PEONIE TRA LEGGENDA E REALTÀ ​ Le peonie, o Paeonia , sono da sempre apprezzate per i fiori stupendi che riempiono le bordure con sfumature di bianco, rosa e rosso, da tarda primavera a metà estate. Fin dall’antichità la Peonia è nota per le sue virtù miracolose: il nome deriva dal greco paionía , ossia “pianta che risana”, in riferimento alle radici con importanti proprietà curative, calmanti, antispasmodiche, sedative e anche antidolorifiche, etimologia che condivide non a caso con Paeon , Peone, il Dio greco della Medicina. Una nota leggenda greca vuole che sia stato Zeus a trasformare Paeon in un fiore bellissimo e immortale, per salvarlo dall’ira e dall’invidia del maestro che si era visto superare nella cura di Ade. La peonia compete da millenni con la rosa per il titolo di più bella del reame, e in Cina è ufficialmente vincitrice con l’appellativo di “Regina dei Fiori”. Si racconta che più di 2000 anni fa l’imperatrice Wu Tutian, molto bella ma anche molto dispotica, un mattino d’inverno ordinò a tutti i fiori del suo regno di sbocciare. Temendone l’ira i fiori si accordano per accontentarla: tutti tranne uno, la peonia. Furente per quell’orgoglioso rifiuto, l’imperatrice diede ordine che ogni esemplare venisse sradicato e esiliato su alte montagne coperte di neve. La pianta sopportò il gelo e in primavera si mise a fiorire magnificamente. A quel punto Wu Tutian ne riconobbe la forza e ne revocò l’esilio, donandole il titolo regale. La peonia a cui fa riferimento l’antica leggenda cinese è quella arbustiva, che in natura è molto rara, e culturalmente per i cinesi la rarità coincide con la preziosità. Per questo le viene attribuita un’origine soprannaturale: nella Riserva naturale della montagna di Huashan, “Montagna dei Fiori”, da hua fiore e shan montagna, nella regione cinese dello Shaanxi, si trovano padiglioni raffiguranti la nascita della peonia come frutto dell’unione tra un contadino e una dea che gliene ne donò una come pegno d’amore, prima di far ritorno alla volta celeste. Nell’antichità era privilegio esclusivo della famiglia imperiale e dei nobili mandarini poterla coltivare nei propri giardini, mentre oggi la sua aristocratica bellezza è alla portata di tutti. Nei giardini europei è arrivata nel 1789, dopo un lungo tragitto su una nave inglese solo cinque piante riuscirono per la prima volta quell’anno a radicare nell’orto di Kew Garden. Link Centro Botanico Moutan GALLERY Info: Sito ufficiale Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri giardini botanici e vivai Orto botanico di Amsterdam Orto botanico di Napoli Orto Botanico di Zurigo e la Serra Malgascia Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo

  • Papaveri e api | terrimago

    BOTANICA PAPAVERI E API Perché le api non impollinano i fiori rossi tranne i papaveri? di CARLA DE AGOSTINI L a storia dell’evoluzione è una storia di relazioni tra le specie, oltre che tra le specie e l’ambiente. Quando annusiamo un fiore, per esempio, in realtà sentiamo un messaggio rivolto agli insetti, un richiamo per avvertirli che c’è del nettare che li aspetta in cambio del trasporto del polline. E così vale anche per la scelta dei colori. I fiori come li conosciamo noi sono relativamente recenti. Le Angiosperme, ossia le piante che hanno fiori e frutti da seme, sono apparse tra i 135 e i 140 milioni di anni fa e all’inizio non erano così colorate: i fossili suggeriscono che fossero strutture semplici, dall’aspetto opaco, senza molto pigmento, giallo pallido o al massimo verde. Oggi fatta eccezione per felci, conifere, cicadi e muschi la maggioranza delle comunità vegetali appartiene alle Angiosperme. Piano piano, con la comparsa dei fiori si assiste anche alla nascita dei colori vivaci odierni, un meccanismo sempre più sofisticato per favorire l’impollinazione non solo mediante il vento o l'acqua ma richiamando insetti. Molti fiori si sono così evoluti per adattarsi alle esigenze e alle capacità delle api. Al loro lavoro si deve l'80% dell'impollinazione, senza tale attività non ci sarebbero nemmeno mele, mirtilli, ciliegie, avocado, cetrioli, mandorle, cipolle, pompelmi, arance, zucche e tanto altro. Ed è per attirare le api che il colore brillante dei petali è diventato un'importante variabile di adattamento. Il papavero ha sviluppato strategie tra le più affascinanti e inaspettate perché le api non percepiscono il colore rosso sgargiante visibile all’occhio umano ma sono attratte dall’ultravioletto. ​ L’uomo percepisce il colore grazie al pigmento dell'oggetto e alla parte di luce che questo riflette. Nelle api il campo visivo è invece un mosaico di coni che gli consentono di riconoscere una gamma di colori diversa, aiutano l'insetto a rimanere in equilibrio durante il volo e a individuare precisamente ogni fiore intorno a sé anche a grandi velocità. La gradazione rossa non è percepibile all’occhio dell’ape, e le ricerche hanno dimostrato che distingue solo quattro colori: il giallo (arancio, verde giallastro), il verde bluastro, il blu e l’ultravioletto. Perciò i fiori che ai nostri occhi sono rosso vivo, come la Violaciocca rossa o i Garofani della Cina, non vengono fecondati dalle api, ma dalle farfalle diurne. Mentre fiori come l’erica, il rododendro, il ciclamino o il trifoglio hanno una tonalità porpora che le api recepiscono come colore blu, o un colore bianco percepito come verde bluastro. Il papavero, tuttavia, è uno dei pochi fiori rossi che più attrae le api. Questo perché nei suoi petali le cellule pigmentate si dispongono in modo da creare degli spazi pieni d’aria dove la luce viene dispersa consentendo ai raggi UV di essere riflessi, e di far percepire la gamma ultravioletto all’ape che quindi vi si posa e lo feconda. Tale strategia evolutiva conferma lo stretto legame tra un fiore e il suo impollinatore. Si crede infatti che i papaveri europei abbiamo adattato la propria capacità di segnalare l’ultravioletto man mano che colonizzavano le regioni del nord, così oggi in Europa i papaveri sono impollinati dalle api, che vedono bene le radiazioni ultraviolette, mentre in Medio Oriente lo sono dai coleotteri, che vedono perfettamente il rosso. Negli anni l’interesse per le api impollinatrici è aumentato con quello per la ricchezza e la diversità del mondo naturale, è la cosiddetta biodiversità la cui perdita è motivo di crescente preoccupazione. È infatti la varietà degli organismi a permettere agli ecosistemi di resistere alle perturbazioni dell’ambiente o del clima, mentre la diversità genetica che si ottiene con l’impollinazione incrociata tra diverse specie garantisce una maggiore e più vitale quantità di semi. Oggi la moria delle api è causata soprattutto dalle monocolture, che limitano la scelta degli impollinatori, e dall’abuso dei pesticidi che uccidono gli insetti o, nel migliore dei casi, ne alterano le capacità. I benefici che l’impollinazione invece regala alla società sono fondamentali per la vita e non dovrebbero assolutamente essere sottovalutati. Per fortuna oggigiorno nella società e nell’individuo l’interesse a questi processi sta via via crescendo e questo porterà, si spera, a salvare gli impollinatori ed a godere di prati sempre più colorati. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri AMBIENTi E BOTANICA Vie cave opuntia fiorita Opuntia Alberi Caño Cristales Palmeti Palmeti Caldara di Manziana Terra scoscesa Tevere

  • Orto Botanico Zurigo | terrimago

    SVIZZERA ORTO BOTANICO DI ZURIGO E LA SERRA DEL MADAGASCAR di CARLA DE AGOSTINI Il verde botanico a Zurigo si divide in due: da una parte l’orto botanico, dall’altra la vastissima serra malgascia allo Zoo. Il primo è situato su una collinetta non lontano dal centro cittadino e non perde il suo fascino nemmeno d’inverno. Istituito negli anni ‘70 ed inizialmente privato, ora l’ Orto Botanico di Zurigo fa parte dell'Istituto di Botanica Sistematica ed Evolutiva dell’Università di Zurigo. Il giardino presenta tre serre visitabili a mezza sfera con differenti aree climatiche: la foresta tropicale di montagna, l’area dei venti secchi dei tropici con una vetrina dedicata alle piante carnivore e la foresta pluviale tropicale delle pianure, dove l’umidità è del 90% e la temperatura è di circa 26 °C sia d’estate che d’inverno. Le serre disegnate da Hans e Annemarie Hubacher, Peter Issler e Hansulrich Maurer, terminate nel 1976, ad oggi sono state più volte ristrutturate in plexiglas perché col tempo avevano perso gran parte della loro trasparenza con effetti dannosi sulla crescita delle piante. L’entrata principale è da Zollikerstrasse, salendo le scale, già si può ammirare l’attenzione e la cura richiamate dal Mixed Border : uno stile sviluppato in Inghilterra alla fine del 19° secolo, che permette di valorizzare le piante durante ogni stagione. Fiori annuali, piante perenni e piccoli arbusti vengono selezionati in modo che qualcosa sia sempre in fioritura, in primavera risaltano le geofite, e in inverno ci sono graminacee con infiorescenze sbiadite, che si ricoprono di brina e costituiscono un’attrazione molto particolare. L'obiettivo è didattico e l’interesse è di far risaltare la semina come un processo armonico e naturale. Allo zoo di Zurigo con circa 4.000 animali di 380 specie diverse, dove l’abitante più anziana è una tartaruga gigante delle Galapagos di oltre 70 anni, si aggiungono oltre 5 ettari e mezzo di verde con oltre un milione di specie di piante provenienti da tutto il mondo. La serra malgascia è una struttura metallica alta 30 metri, rivestita in EFTE, un materiale che simula la luce solare, consente di coprire e coibenta, in maniera leggera, gli oltre 11.000 metri quadrati di superficie. Grazie a questo materiale d’avanguardia, sensibile alla luce e ad alto valore d’isolamento, dal giugno 2003, è possibile immergersi in una fitta foresta tropicale, popolata da più di 20 mila piante e 45 specie di vertebrati tropicali, tra cui spiccano gli animali lasciati in libertà, come i lemuri. Qui è possibile vivere la foresta di Masoala, con temperature che variano dai 20 ai 30° C e il suo tasso di umidità altissimo, con una media di precipitazioni di 6 mm al giorno. Queste piogge tropicali sono realizzate attraverso un interessante sistema di riutilizzo dell’acqua piovana, che permette un’irrigazione equivalente di 80.000 litri d’acqua al giorno. La convivenza tra fauna e flora è nata per aiutare la preservazione della biodiversità degli ecosistemi del Madagascar. Attraverso il progetto Masoala, lo zoo di Zurigo ha deciso di sostenere il governo malgascio nella conservazione e nella tutela di una delle zone mondiali ad alto rischio di estinzione. Il Madagascar infatti, nonostante rappresenti solo l’1% della superficie terrestre, è tra le aree più ricche di biodiversità: ci vive circa il 3% totale delle specie animali e vegetali del pianeta e a oggi vi è accertata la perdita di almeno il 70% della copertura vegetale primaria. Flora e fauna si possono apprezzare anche dall’alto, dove si ammirano le piante acquatiche, le felci, le liane, i bambù, e gli animali. Tutta questa attenzione è in linea con uno dei compiti principali assunti dal giardino per il XXI sec: promuovere e rafforzare le relazioni tra vegetazione e umanità, cercando di trasmettere e valorizzare l’interconnessione sempre più evidente tra piante, ambiente e salute. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Melo Cinese Altri giardini botanici e vivai Giardino Botanico Nuova Gussonea Orto Botanico di Catania Orto Botanico di Ginevra Centro Botanico Moutan Orto Botanico di Palermo Roseto di Roma Chicago Batanical Garden Parco Botanico Villa Rocca

  • Reggiadivenaria | terrimago

    DIARIO FOTOGRAFICO Luci invernali nei Giardini della Reggia di Venaria Fotografie e testo di Cristina Archinto A ndata alla Reggia di Venaria per vedere la mostra di John Constable, mi sono ritrovata col naso schiacciato contro una finestra estasiata dalla bellezza dei suoi giardini invernali. L’assenza di sole dovuto a una coltre di nuvole dai toni bianco-grigio aumentava il suo fascino. Ripeto spesso che io mi sento più fotografa di luce che di giardini ma davanti a tante geometrie confesso che mi sono ritrovata indietro nel tempo, alla mia prima grande passione: la fotografia d’architettura. Decisa a non perdere quest’occasione mi ritrovo nel parco, due mesi dopo aver già fatto un servizio fotografico, accompagnata questa volta dalla solo macchina Leica ma di certo sufficiente per l’occasione, e soprattutto con nessun obbligo lavorativo. Presente alla situazione solo un gran freddo e nessuna anima viva. Perfetto. ​ Inaugurati nel 2007 i Giardini di Venaria sono una buona combinazione tra un passato sei-settecento geometrico recuperato e un presente artistico con opere d’arte di Giuseppe Penone e Giovanni Anselmo inserite armoniosamente nel suo paesaggio. L’intero complesso cittadino di Venaria si sviluppa in lungo, e il giardino ne segue il suo corso con la lunghissima Allea Centrale che va dalla fontana di Ercole al tempio di Diana creando nel suo insieme un’unica asse. Lungo il fianco della Citroniera e della Galleria Grande si trova il Gran Parterre dai toni di grandiosità dati dalle proporzioni, pieno di tassi cilindrici, vasi di agrumi e vere e proprie stanze con pareti, boschetti e volte vegetali lungo il perimetro con molti fiori gran parte dell’anno. Nel settecento era un’area di rappresentanza, dove passeggiare con l’ombrellini spettegolando era d’obbligo. Purtroppo nel tempo è stato anche un luogo dove la natura è stata rimpiazzata dai militari di ogni dove, durante diverse guerre. Presenti anche vari giardini, come quello delle rose, dei fiori e i Potager Royal con verdure e frutteti, ma di certo non sono un’attrazione in questa stagione. Appunti fotografici Nei giardini della Venaria chiunque ami osservare rimane sicuramente affascinato davanti alla bellezza dei viali di carpini quasi completamente spogli che invece di nascondere velano soltanto la Grande Reggia o le strutture ramificate dei maestosi alberi lungo i viali e affianco alla vasca della Peschiera che si riflettono sullo specchio d’acqua leggermente ghiacciato. Anche le betulle coi loro rami bianchi e pochissime foglioline marroni si amalgamano nella luce del paesaggio quasi fossero sete giapponesi. I lunghi viali prospettici tagliano in due il riquadro fotografico, i bossi a piramide e le siepi potate a gradoni o a semicerchi si impongono sull’immagine come arte astratta. Anche le opere dalle forme rigide di Pennone sottolineano l'aspetto geometrico del paesaggio. Forse a prima vista sembra facile fotografare questi giardini, principalmente per merito delle geometrie che raccontato facilmente lo spazio, bisogna stare attenti perché il rigore degli assi deve essere assoluto, una foto anche leggermente inclinata sarebbe una distrazione per gli occhi. Inoltre utilizzando il punto focale centrale non ci sono difficoltà, differentemente se lo si vuole variare, bisogna stare attenti agli equilibri dell’inquadratura che se stravolti rischiano di rompere l’armonia della fotografia rendendola spiacevole. I colori d’inverno e con luce uniforme tendono a mantenere tonalità simili e morbide che vanno dal beige al verde. In questo caso si è voluto dare un forte contrasto con picchi di rossi o di gialli dovuti ai rami dei sali bianchi corniolo corallo presenti nel giardino. La luce uniforme della giornata è motivo dell’assenza totale di ombre, fatto che in contesti più naturali creerebbe non poco sconforto, in questo caso si rivela vincente non solo perché si può facilmente fotografare da qualunque lato ma anche perché le forme geometriche non vengono deformate dallo scuro delle proprie ombre. Cimentarsi fotograficamente con questi giardini e in queste condizioni è magico, lo consiglio a tutti, che siano dei giardini o anche un paesaggio in pianura, in inverno o con il cielo dai colori uniformi. Un grande maestro è stato Luigi Ghirri che per chi per caso non conoscesse ancora consiglio vivamente di andare a Parma fino al 26 febbraio a vedere la sua mostra Labirinti della visione. Luigi Ghirri 1991 . Andateci e scopritelo. Oppure andate alla Reggia di Venaria, di certo troverete anche in altre stagioni, spunti panoramici molto stimolanti. L'importante è prima di tutto osservare, osservare e osservare ancora poi elaborare l'inquadratura e infine scattare una foto veramente vostra. ​ GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Link Reggia di Venaria Altri GIARDINI e PARCHI Giardini Botanici di Villa Taranto Giardini Botanici di Villa Taranto I giardini di Villa Melzi I giardini di Villa Melzi Parco giardini di Sicurtà Parco giardini di Sicurtà Gairdino di Villa Lante Villa Lante parco del Flauto Magico Parco Flauto Magico Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone

  • Giardino della Pace | terrimago

    GINEVRA IL GIARDINO DELLA PACE Ispirazione Impressionista Foto ©CRISTINA ARCHINTO P asseggiando per Ginevra, nella zona di Petit Saconnex, si può incappare nel Jardin de la Paix , un piccolo giardino decisamente all'altezza del suo nome. Aperto al pubblico nel 2003, è dedicato alle vittime dell'attentato dell'agosto dello stesso anno, che sconvolse l'ONU a Baghdad, dove perse la vita anche Sergio Vieira de Mello, un funzionario internazionale brasiliano delle Nazioni Unite. Al centro si trova un piccolo prato, delimitato a nord e a sud da aiuole curate minuziosamente con diverse varietà di fiori come Kniphofia, Hemerocallis, Crocosmie, Rudbeckia, Impatiens , rose e graminacee. A est invece si trova un pergolato di vite che rievoca le tende da sole di una volta e dove sono ospitate alcune panchine che permettono di sfruttare al meglio la frescura di questa stagione. Sul lato opposto si può godere di un piccolo specchio d’acqua, frequentato spesso da rane, pesci e aironi e ricoperto di ninfee. I riflessi dell'acqua, il ponticello e la flora sono di ispirazione impressionista, come le sfumature di colore dei vari fiori da tonalità fredde, vicino alla zona dell’acqua, fino ad arrivare a quelle più calde, man mano che ci si avvicina alle pareti soleggiate di fronte. La piccola serra è graziosa, con alcune piante succulenti all’entrata e piante più tropicali nella parte centrale. Inutile dire che il giardino è tenuto nei migliori dei modi ed è un piccolo gioiello dove vi regna calma e bellezza. Foto ©CRISTINA ARCHINTO Altri GIARDINI e PARCHI Villa Pergola Villa Pergola Villa Melzi Villa Melzi Parco Sigurtà Parco Sigurtà Parco Flauto Magico Parco Flauto Magico Villa Lante Villa Lante Bomarzo Parco Villa la Grange Labirinto della Masone

  • Parco Flauto Magico | terrimago

    LIGURIA Il Parco del Flauto Magico di Santa Margherita Ligure di Carla De Agostini Il Parco del Flauto Magico a Santa Margherita Ligure è un parco giochi per bambini all’interno di Villa Carmagnola. Venne ideato e realizzato nel 1998 dalla fantasia di Emanuele Luzzati, in collaborazione con gli allievi del laboratorio di scenografia del Teatro della Tosse, sulle note de Il Flauto Magico, l’ultima composizione teatrale di Mozart. I percorsi, le attrezzature, gli oggetti permettono ai bambini di ambientarsi nelle avventure di Tamino, principe coraggioso e un po’ “arlecchinesco”, protagonista dell’opera che, aiutato dal fedele Papageno, combatte le forze del male per liberare l’amata principessa Pamina, figlia della Regina della Notte nell’antico Egitto. Da una parte l’opera del Flauto Magico è ripercorribile sul muro di cinta, lungo 23 metri, che con dipinti su piastrelle di ceramica, racconta a tutti la storia. Dall’altra sorprendenti sagome e sculture dei personaggi, oggi rimesse a nuovo, aiutano la creatività dei bambini a inventare le proprie avventure, saltando da una parte all’altra, immerso nel verde e nei propri sogni. Chiuso per diverso tempo, il Parco ha riaperto nel 2021, per la felicità di grandi e piccini, grazie al prezioso lavoro di squadra tra diverse realtà, dall’amministrazione comunale alle varie associazioni culturali locali e non che da anni ne riconoscono il valore storico, pubblico e sociale. Emanuele Luzzati nasce a Genova nel 1921 e lì morirà nel 2007. Capace di uno stile essenziale e mai scontato, Luzzati parlerà di sé come un artigiano capace, affascinato da tutte le arti applicate che arriva alla loro realizzazione in maniera ecclettica e spesso autodidatta. Nelle interviste racconterà con semplicità che il suo modo d’intendere il lavoro è un operato all’insegna di una leggerezza libera da codici estetici. Trascorre l’infanzia a Genova ma con le leggi razziali del 1938 fugge in Svizzera, lì viene a contatto con una realtà che definirà “più vera”, quella del mondo ebraico dell’Est Europa di cui spesso ricorderà il fruttuoso scambio culturale tra persone di origini molto diverse, e a Losanna si diploma all’Ecole des Beaux Arts. Nella sua carriera ha realizzato più di quattrocento scenografie per prosa, lirica e danza nei principali teatri italiani e stranieri, ed è stato definito come pittore, decoratore, illustratore, scenografo, ceramista, costumista, regista di film e disegnatore. ​ Nel 1963 per Il flauto magico Luzzati avrà un lampo di genio che rivoluzionerà il concetto di scenografia per l’opera lirica e lo consacrerà al mondo internazionale: i periatti , grandi prismi girevoli costituiti da pannelli dipinti con al loro interno una persona che li sposta a tempo di musica, che creano un’atmosfera fiabesca con sfondo dinamico. Nel 1966 con il regista Giancarlo Giannini ricevono la prima nomination all’Oscar per la categoria del cortometraggio animato la Gazza ladra (1964), una seconda candidatura arriverà con Pulcinella. Il comune di Genova, con l’Accademia Artigiana della Fantasia, lo celebra aprendo a Palazzo Ducale Casa Luzzati, un luogo di mostre interamente dedicato alla sua figura, inaugurando a marzo 2022 con “Luzzati. Manifesti e grafica editoriale 1947 - 2007”. Inoltre, nasce la Lele Luzzati Foundation che accoglie la donazione delle opere da parte della Famiglia Luzzati di Israele. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO LINK S Sito ufficiale Altri GIARDINI e PARCHI Giardino di Valeria Villa Ortensia Etna Botanic garden Parco del Paterno del Toscano Labirinto della Masone Villa d'Este Giardino di Kenroku-en Giardino dell'impossibile

  • Il prato di Villa Pisani | terrimago

    BOTANICA VILLA PISANI UN PRATO IMPRESSIONISTA Fotografie Cristina Archinto Testo Carla De Agostini N el grandissimo prato di Villa Pisani a Vescovana la proprietaria Mariella Bolognesi Scalabrin dieci anni fa ha deciso di creare un quadro impressionista con più di cento mila tulipani e fiori spontanei primaverili in onore della storia e delle emozioni condivise e vissute dalla precedente proprietaria Contessa Evelina van Millingen Pisani. Ogni anno per mantenere questa meravigliosa opera Mariella Scalabrin pianta quarantamila nuovi bulbi, che poggia e ricopre di terra con le sue stesse mani. Tutti in posizioni studiate, l'intenzione è di accostare la superba raffinatezza del tulipano alla bellezza umile del fiore spontaneo primaverile. Questo lavoro viene minuziosamente pensato ogni anno, la scelta dei bulbi è in relazione all’altezza e alla diversa fioritura dei fiori spontanei, come il tarassaco, il ranuncolo o l’iris, sceglie il colore del tulipano, e alterna fioriture precoci, medie o tardive, in modo che il prato rimanga colorato e omogeneo fino alla fioritura degli ultimi soffioni. Tulipani e fiori spontanei si relazionano coi tempi e le dimensioni, e Mariella Scalabrin segue tutto personalmente: “scegliendo dal catalogo puoi formare un quadro”, ci ha raccontato. E ci riesce perfettamente: due ettari di prato con sentieri che permettono di ammirare da vicino isole di colori mai banali, e gradazioni sempre accuratamente studiate. ​ Nessun calice di tulipano ha un solo colore, ma gioca sulle striature, sulle qualità dei gialli, le nuances di bianchi, le screziature rosse o arancioni, o ancora le sfumature rosa o viola. La visione variopinta dei tulipani da più di 90 colori concede emozioni inaspettate e racconta la magia di un prato coltivato a mano con l'amore e il duro lavoro di una proprietaria sempre attenta, senza la rigidità di una macchina che impone il proprio disegno sul terreno. Mariella Scalabrin è molto legata alla Villa e alla storia affascinante di Evelina Pisani, e ogni volta che accoglie un visitatore nel suo giardino non perde occasione per parlarne e diffondere l’amore e il rispetto per i fiori che questo luogo racchiude e valorizza ad ogni fioritura. GALLERY Foto ©CRISTINA ARCHINTO Info: Sito ufficiale Altri AMBIENTi E BOTANICA Papaveri e api Vie cave opuntia fiorita Opuntia Alberi Caño Cristales Palmeti Palmeti Caldara di Manziana Terra scoscesa

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