LAZIO
Bomarzo
di LIVIA DANESE
Il Sacro Bosco di Bomarzo si presenta notoriamente come un luogo enigmatico e affascinante. Ideato dal principe Orsini, venne inaugurato nel 1547 e dedicato a sua moglie Giulia Farnese. Abbandonando alla porta qualsiasi pregiudizio e convinzione, si è trasportati in un contesto surreale che coniuga il mondo dell’esoterismo e della mitologia con la placidità e la bellezza delle colline delle campagne viterbesi.
Il giardino, anche noto come “Parco dei Mostri”, si crogiola nella sua fama di luogo ermetico e misterioso ma rappresenta più di una semplice espressione del gusto per le eccentricità dello stile manierista. La natura non è accessoria rispetto alle estrosità artistiche ma interviene direttamente nel produrre le sensazioni di straniamento, alienazione e fascino suscitate dal parco. Le statue, le fontane e le architetture, scolpite direttamente in loco nella roccia, sembrano emergere da un ambiente naturale che accentua la loro ambiguità. Le opere dunque non solo convivono con l’ecosistema ma sono in dialogo con esso: una gigantesca tartaruga sfrutta la fitta vegetazione per nascondersi ed affrontare una balena immersa nel torrente, per difendere la figura femminile collocata sul suo carapace.
Le sfingi all’ingresso invitano direttamente i visitatori a concentrarsi sulle meraviglie del luogo, lasciando intuire che saranno i sensi, oltre che la mente, a guidare il percorso. Forse la frase “ogni pensiero vola” riportata sulla testa antropomorfa dell’Orco rappresenta proprio un invito ad abbandonare la totale razionalità?
Iscrizioni enigmatiche e indovinelli, natura apparentemente sovrabbondante che ricopre ogni cosa, tutto sembra pensato per far perdere ogni equilibrio, come dimostra perfettamente la casa pendente. Allo stesso tempo sono presenti nel parco simboli rassicuranti, come la statua della dea Cerere, divinità materna della fertilità, e le ninfe danzanti.
A causa dei cambiamenti avvenuti nel tempo, oggi l’itinerario attraverso il parco è diverso rispetto ai progetti del committente Orsini e questo rende ancora più complessa l’interpretazione dei simboli lungo il percorso. L’invito alla riflessione resta tuttavia chiarissimo; ora non resta che immergersi nell’intricato giardino, composto da una natura verdeggiante, dalle follie pietrificate e dai versi sibillini, interiorizzando le suggestioni, i misteri e l’incanto del luogo.